Eredità, occhio al TFR che corrisponde a una cifra importantissima: non spetta solo a moglie e figli ma anche a parenti di 3° grado. Ecco cosa dice la legge
Il Trattamento di Fine Rapporto, noto più comunemente come TFR, è una di quelle cose che ogni lavoratore dipendente ha sentito nominare almeno una volta, ma non sempre è chiaro come funzioni davvero o perché sia importante gestirlo bene. Si tratta, in parole semplici, di una somma di denaro che l’azienda accantona ogni anno per il lavoratore, da destinare alla fine del rapporto di lavoro. Non importa che tu abbia deciso di cambiare azienda, andare in pensione o qualsiasi altra ragione: quel tesoretto spetterà al lavoratore anche in caso di licenziamento.
Come funziona il TFR: un risparmio obbligato per il futuro
Il TFR è regolato dalla legge italiana ed è pensato come una sorta di risparmio forzato che l’azienda accantona ogni anno. In pratica, una percentuale della retribuzione annuale viene “messa da parte”. L’importo accantonato si rivaluta ogni anno con un tasso fisso dell’1,5%, a cui si aggiunge il 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo (quindi è anche protetto dall’inflazione).
Per calcolare il TFR si usa questa formula: retribuzione annua / 13,5. Quota porta alla quota annuale accantonata.
Un dettaglio importante da non sottovalutare: una volta accantonato, puoi decidere se lasciarlo in azienda o destinarlo a un fondo pensione complementare.
A quanto può ammontare il TFR dopo 20 o 30 anni?
Facciamo due conti per capire quanto puoi accumulare lavorando per lo stesso datore di lavoro per 20 o 30 anni. Supponiamo che la tua retribuzione annuale sia di 30.000 euro:
- Dopo 20 anni: ogni anno vengono accantonati circa 2.222 euro (30.000 / 13,5). Con una rivalutazione media annua, il TFR potrebbe crescere fino a 60.000-70.000 euro.
- Dopo 30 anni: con lo stesso ragionamento, il TFR potrebbe superare facilmente 100.000 euro. Naturalmente, l’importo finale dipende da eventuali aumenti di stipendio e dalla rivalutazione annuale.
Nota importante: questi numeri sono indicativi, ma danno un’idea di quanto valore può accumularsi nel tempo. Ecco perché è fondamentale decidere come gestire questo capitale nel modo più intelligente possibile.
Come valorizzare il TFR: consigli pratici
Quando arriva il momento di riscuotere il TFR, la tentazione di spenderlo tutto in un colpo solo è forte. Eppure, ci sono modi molto più strategici per utilizzarlo, che possono davvero fare la differenza sul tuo futuro finanziario.
- Fondo pensione
Se non l’hai già fatto, considera di destinare il TFR a un fondo pensione complementare. Questa opzione può offrire vantaggi fiscali significativi e, nel lungo periodo, permettere al tuo capitale di crescere più rapidamente rispetto a lasciarlo in azienda. Inoltre, i rendimenti di un fondo pensione possono essere superiori alla rivalutazione base del TFR.
- Investimento oculati
Una volta riscattato il TFR, evita di lasciarlo fermo su un conto corrente: il denaro lì perde valore a causa dell’inflazione. Puoi valutare strumenti come ETF, azioni, obbligazioni o un mix di investimenti che rispecchino il tuo profilo di rischio. Se non ti senti sicuro, consulta un consulente finanziario.
Eredità, a chi va il TFR se muore il lavoratore?
La morte del lavoratore rappresenta una causa di risoluzione automatica del contratto di lavoro. Una volta che il datore di lavoro ha comunicato formalmente la cessazione del rapporto, è obbligato a liquidare il TFR spettante agli eredi. È importante sottolineare che, pur essendo una somma spettante agli eredi, il TFR non rientra nell’asse ereditario tradizionale. Ciò significa che la sua distribuzione non segue le normali regole della successione per quote, bensì un meccanismo specifico definito dall’articolo 2122 del Codice Civile.
I beneficiari del TFR sono definiti chiaramente dalla legge e comprendono le persone più vicine al lavoratore deceduto, secondo una gerarchia precisa:
- Coniuge: il partner del lavoratore, compreso il coniuge separato o, in certi casi, il partner unito civilmente.
- Figli: tutti i figli, senza distinzione tra quelli naturali, adottivi o riconosciuti.
- Parenti entro il 3° grado, conviventi e a carico del lavoratore:
- Genitori, fratelli e sorelle, nonni, zii e nipoti (figli dei fratelli o delle sorelle).
- Affini entro il 2° grado, conviventi e a carico del lavoratore:
- Suoceri, cognati e nipoti del coniuge.
Per essere considerati beneficiari, i parenti o affini devono dimostrare sia la convivenza sia il fatto di essere stati a carico del lavoratore al momento del decesso.
Il TFR non segue le regole della successione
Mentre gli altri crediti ereditari vengono suddivisi tra gli eredi secondo le proporzioni stabilite dal diritto successorio (quote legittime o testamentarie), il TFR viene liquidato in base alle specifiche regole del Codice Civile. Il datore di lavoro ha il compito di distribuire il TFR direttamente ai beneficiari, senza dover aspettare che venga aperta la successione.
La gestione del TFR segue un iter ben preciso:
- Accertamento degli eredi: il datore di lavoro deve identificare i beneficiari legittimi del TFR sulla base della documentazione fornita (certificato di morte, stato di famiglia, eventuali dichiarazioni di convivenza o di carico fiscale).
- Liquidazione diretta ai beneficiari: il pagamento avviene direttamente ai soggetti individuati, senza passare dal notaio o dal tribunale.
- Eventuali accordi contrattuali: in alcuni casi, i contratti collettivi di lavoro o gli accordi individuali possono prevedere regole aggiuntive sulla distribuzione del TFR.
Chi sono i parenti e gli affini beneficiari del TFR?
Per chiarire meglio i gradi di parentela e affinità, ecco una sintesi:
Parenti entro il 3° grado:
- 1° grado: genitori, figli.
- 2° grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti (figli dei figli).
- 3° grado: zii, nipoti (figli di fratelli o sorelle), bisnonni, pronipoti.
Affini entro il 2° grado:
- 1° grado: suoceri, figli del coniuge.
- 2° grado: nonni del coniuge, nipoti (figli dei figli del coniuge), cognati.
Eredità TFR, quando spetta ai parenti di 3°grado
I parenti di 3° grado possono accedere al TFR del lavoratore deceduto solo se soddisfano due condizioni fondamentali:
- Erano conviventi con il lavoratore: devono vivere stabilmente nella stessa abitazione del lavoratore al momento del decesso.
- Erano a carico del lavoratore: devono dimostrare di dipendere economicamente dal lavoratore defunto, cioè che questi contribuiva in maniera significativa al loro mantenimento.
Se entrambe queste condizioni sono soddisfatte, i parenti di 3° grado possono essere inclusi tra i beneficiari del TFR, come previsto dall’art. 2122 del Codice Civile. Tuttavia, se esistono beneficiari “prioritari” (come coniuge, figli o parenti di grado più vicino, sempre a carico e conviventi), i parenti di 3° grado subentrano solo in assenza di questi ultimi.